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Francesca

Chi investe sull’ambiente vince … gli appalti!

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Il 2 febbraio 2016 sono entrate in vigore le nuove norme in materia di appalti pubblici che prevedono l’obbligo per le pubbliche amministrazioni e le centrali di committenza di inserire nei bandi di gara relativi ad alcune categorie di forniture di beni e servizi i ‘criteri ambientali minimi‘, che costituiscono elementi di valutazione dell’offerta al pari del prezzo e della qualità del prodotto/servizio.

Lo scopo è quello di indirizzare gli enti pubblici verso la scelta di beni e servizi ambientalmente sostenibili per il raggiungimento di alcuni obiettivi strategici, quali:

  • Efficienza e risparmio di risorse naturali
  • Riduzione dei rifiuti prodotti e della loro pericolosità
  • Riduzione uso ed emissione sostanze pericolose

Queste le novità per la pubblica amministrazione. E per le imprese?

Le nuove regole per gli appalti pubblici possono rappresentare per le imprese un notevole incentivo e un’opportunità per investire in innovazione tecnologica, organizzativa, logistica e gestionale e, quindi, per diventare maggiormente competitive sul mercato nazionale ed internazionale.

Inoltre, il meccanismo degli ‘acquisti verdi può essere la chiave per consentire alle imprese più innovative di affermarsi diffusamente sul mercato e di vedere rapidamente ripagati gli sforzi e gli investimenti sostenuti in ricerca e sviluppo.

Un altro elemento da tenere in considerazione è che lo strumento del green public procurement (appalti pubblici verdi) è destinato ad affermarsi in maniera sempre più incisiva.  

Nel nuovo Codice degli Appalti, che recepisce tre recenti direttive europee e che entrerà in vigore entro il 18 aprile 2016, i principi della sostenibilità ambientale risultano essere ancor più coordinati ed integrati nelle procedure per gli appalti pubblici.

Se questo è l’orientamento, c’è da aspettarsi che molto presto ai settori individuati (e sotto elencati) se ne aggiungano altri per i quali saranno fissati criteri minimi di sostenibilità ambientale (si pensi, ad esempio, agli appalti pubblici in materia di bonifiche).

Ma si può azzardare anche un’altra previsione.

Siamo sicuri che queste ‘buone prassi’ resteranno confinate al solo mondo degli appalti pubblici e non saranno invece pian piano estese anche al settore privato, magari ai settori (si pensi all’edilizia privata) in cui è necessario acquisire una concessione od autorizzazione pubblica?

Ma vediamo quali sono, al momento, i settori interessati da questa ‘rivoluzione verde’:

  • arredi (mobili per ufficio, arredi scolastici, arredi per sale archiviazione e sale lettura);
  • edilizia (costruzioni e ristrutturazioni di edifici con particolare attenzione ai materiali da costruzione, costruzione e manutenzione delle strade);
  • gestione dei rifiuti;
  • servizi urbani e al territorio (gestione del verde pubblico, arredo urbano);
  • servizi energetici (illuminazione, riscaldamento e raffrescamento degli edifici, illuminazione pubblica e segnaletica luminosa);
  • elettronica (attrezzature elettriche ed elettroniche d’ufficio e relativi materiali di consumo, apparati di telecomunicazione);
  • prodotti tessili e calzature;
  • cancelleria (carta e materiali di consumo);
  • ristorazione (servizio mensa e forniture alimenti);
  • servizi di gestione degli edifici (servizi di pulizia e materiali per l’igiene);
  • trasporti (mezzi e servizi di trasporto, sistemi di mobilità sostenibile).

Per ciascuno di questi settori sono stati definiti ‘criteri ambientali minimi‘ (CAM), ovvero criteri di base che devono essere necessariamente inclusi nel bando affinché l’appalto possa essere considerato come ‘verde’.

Vi sono poi altri criteri definiti ‘premianti’ che devono essere utilizzati dalle stazioni appaltanti in sede di aggiudicazione della gara con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Per vedere i criteri attualmente in vigore: http://www.minambiente.it/pagina/criteri-vigore

Fra le novità più interessanti, vi è quella che riguarda la valutazione del ‘costo del ciclo di vita’: nella valutazione della migliore offerta, le stazioni appaltanti, devono valutare non solo il costo di aggiudicazione del bene o del servizio, ma anche i costi:

  • connessi al consumo di energia e di altre risorse naturali;
  • di manutenzione per tutta la durata del ciclo di vita/durata del prodotto/servizio;
  • relativi al fine vita (ad esempio, i costi di raccolta e di riciclaggio);
  • sostenuti da altri utenti (ad, esempio, i privati);
  • imputati ad esternalità ambientali legate ai prodotti, servizi o lavori nel corso dell’intero ciclo di vita (quali, ad esempio, quelli delle emissioni di gas a effetto serra e di altre sostanze inquinanti),
  • legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici.

La competitività del prodotto o servizio, dunque, non si gioca più solo al momento della presentazione dell’offerta ma con riferimento all’intera durata del ciclo di vita di tale prodotto o servizio e, dunque, tenendo conto dei complessivi costi e vantaggi in termini di efficienza e durata per la pubblica amministrazione, per l’utente finale e per l’ambiente.

Altra novità di rilievo è il valore assegnato alle certificazioni ambientali.

Nel settore dell’edilizia pubblica, ad esempio, l’offerente deve dimostrare la propria capacità di applicare misure di gestione ambientale durante l’esecuzione del contratto attraverso il possesso di registrazione EMAS, certificazione ISO14001 o equivalenti.

In generale, poi, negli appalti per lavori, forniture o servizi il possesso di un marchio di qualità ecologica UE (Ecolabel), costituisce criterio preferenziale per l’aggiudicazione dell’offerta, mentre gli operatori economici in possesso di registrazione al sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) o in possesso di certificazione ambientale ai sensi della norma UNI EN ISO 14001, sono tenuti a versare garanzie in misura ridotta rispetto agli altri.

Oggi più che mai, quindi, il settore degli appalti pubblici verdi è da tenere sott’occhio da parte delle imprese che da anni investono in innovazione e ricerca ed anche da parte di chi vuole iniziare oggi ad investire per offrire prodotti e servizi innovativi ed ambientalmente sostenibili.

http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/GPP/opuscolo_GPP_14122015.pdf

http://www.regione.sardegna.it/sardegnacompraverde/

VIncA centrale idroelettrica

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Nel novembre 2010 un comune abruzzese ottiene dalla Regione la concessione per realizzare sul fiume Aventino un impianto di derivazione di acque ad uso idroelettrico.

L’impianto, situato in un’area sensibile dal punto di vista ambientale (compresa fra due Siti di Importanza Comunitaria ed il Parco Nazionale della Majella) e nella quale sono presenti altre cinque centrali idroelettriche, prevedeva lo sbarramento del fiume Aventino in località Vicenne (CH) e la captazione di oltre il 75% delle acque per circa 2,3 Km.

La particolare sensibilità dell’area è data anche dal fatto che nello stesso tratto di fiume è stata di recente riscontrata la presenza di alcuni nuclei di lontra, specie protetta dalla direttiva “Habitat”, e che dopo molti anni di assenza, sta naturalmente ripopolando l’Italia centrale.

Ma quando entrano in gioco interessi ambientali contrapposti, come la realizzazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili e la salvaguardia delle risorse naturali, entrambi parimenti meritevoli di tutela, chi vince?

Innanzitutto, va premesso che ogni situazione è a sé e presenta caratteristiche peculiari.

Quel che è certo è che questo tipo di progetto, per essere sostenibile anche dal punto di vista economico, deve tenere conto di una serie di elementi.

Prima di tutto, e va da sé, va valutata la fattibilità dell’opera dal punto di vista tecnico ingegneristico e la sua capacità di garantire la produzione di energia elettrica.

E’ infatti evidente che se la portata del fiume non è sufficiente a generare la quantità di energia elettrica attesa i ricavi derivanti dalla vendita dell’energia potrebbero non essere sufficienti a compensare i costi di realizzazione e gestione dell’impianto.  

In secondo luogo, vanno attentamente esaminati i profili ambientali.

Le centrali idroelettriche sono un’eccezionale fonte di energia pulita da fonte rinnovabile e consentono un’elevato risparmio di CO2 rispetto agli impianti termoelettrici a combustione (petrolio, carbone o gas).

Per questo motivo, ed anche grazie agli incentivi fiscali, vi è stato negli ultimi anni un notevole aumento di domande di nuove derivazioni ad uso idroelettrico.

D’altra parte, ogni impianto idroelettrico inevitabilmente incide sul territorio sia in fase di realizzazione (abbattimento di alberi e vegetazione e scavi per la posa delle condutture) che di esercizio, poiché comporta la drastica riduzione della portata d’acqua del fiume, fino al c.d. deflusso minimo vitale, spesso insufficiente a garantire la sopravvivenza delle specie (animali e piante) che vivono nel fiume o in prossimità ad esso.

Lo strumento per garantire il bilanciamento di tali interessi contrapposti (che hanno pari rilevanza a livello costituzionale e comunitario) è la Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA), uno studio che deve essere presentato da chi propone il progetto e che ha lo scopo di accertare preventivamente quali sono i principali effetti che l’intervento può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione, e di individuare le eventuali misure da adottare per limitare le incidenze negative dell’opera.

Nel caso in esame, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, incaricato della questione, ha annullato lo Studio di Valutazione di Incidenza Ambientale predisposto dal comune committente perché in tale Studio non si dava atto delle evidenze scientifiche circa la presenza della lontra nelle aree interessate dal progetto e non si teneva conto anche degli effetti negativi di carattere cumulativo prodotti dagli altri impianti presenti nel medesimo sito.

Insomma, gli strumenti per assicurare la conciliazione degli interessi in gioco ci sono e vanno usati correttamente: solo così è possibile garantire un uso delle acque pubbliche per la produzione di energia elettrica che sia veramente sostenibile.

http://www.lexambiente.com/materie/beni-ambientali/11858-beni-ambientali-la-vinca-deve-dare-atto-del-reale-impatto-che-l-intervento-può-avere-sulle-specie-e-sugli-habitat-naturali-protetti.html

http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/biblioteca/protezione_natura/qcn_35_lontra_def.pdf

Danno ambientale in mare

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I casi Costa Concordia ed Eurocargo Venezia nel corso di formazione organizzato dal Ministero dell’ambiente in materia di lotta all’inquinamento marino.